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Avendo avuto occasione di soggiornare, in qualità di ospite, in numerose strutture monastiche, Rita Laghi ci accompagna in punta di piedi nel refettorio e nella cucina dei monasteri, svelandoci poco alla volta il significato di riti e gesti antichi, appartenenti ad un mondo sconosciuto ai più. Le ricette, pur provenendo da monasteri appartenenti ad Ordini religiosi diversi e geograficamente lontani, sono accomunate innanzitutto dall'utilizzo estremamente parco di carne, che di fatto era bandita in alcuni giorni della settimana, dedicati al digiuno o all'astinenza e in alcuni periodi liturgici come l'Avvento o la Quaresima. Tratto comune della dieta monastica è anche la stagionalità degli ingredienti, per lo più di autoproduzione, che davano vita ad una cucina, diremmo oggi, a chilometro zero, che sapeva sfruttare, in svariate modalità, quanto la natura, o meglio il buon Dio, metteva a disposizione stagione dopo stagione. Emerge, inoltre, la filosofia del non spreco, propria di una cucina attenta ad utilizzare il più possibile quanto aveva a disposizione e che cercava di preservare in dispensa ogni qualità di frutta e verdura, essiccata o sotto forma di marmellata, sott'olio, conserva, liquore. Naturalmente, in occasione delle principali festività liturgiche, la mensa era più ricca e variegata ed erano ammesse prelibate concessioni.